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Evoluzione normativa sismica

- Normativa antisismica prima del 2003
- La nuova normativa sismica, dall'OPCM:2003 alle NTC2008

Normativa antisismica prima del 2003

Al fine di cogliere il carattere innovativo della nuova normativa sismica introdotta dall’ordinanza n. 3274 del 2003 e dal successivo DM 14 gennaio 2008 è opportuno effettuare una breve panoramica sull’evoluzione temporale della normativa sismica.

L’individuazione delle zone sismiche, in Italia, è avvenuta agli inizi del ‘900 attraverso lo strumento del regio decreto, emanato a seguito dei terremoti distruttivi di Reggio Calabria e Messina del 28 dicembre 1908. Dal 1927 le località colpite sono state distinte in due categorie, in relazione al loro grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica. Pertanto, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, mentre tutti i territori colpiti prima di tale data - la maggior parte delle zone sismiche d’Italia - non erano classificati come sismici e, conseguentemente, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica. La lista originariamente consisteva, quindi, nei comuni della Sicilia e della Calabria gravemente danneggiati dal terremoto del 1908, che veniva modificata dopo ogni evento sismico aggiungendovi semplicemente i nuovi comuni danneggiati.

La legislazione antisismica vigente è essenzialmente basata sull’apparato normativo costituito dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, recante Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche, che ha integralmente sostituito la legge 25 novembre 1962, n. 1684, nonché della legge 5 novembre del 1971, n. 1086, recante Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica.

Infatti, solamente nel 1974, attraverso la legge n. 64, è stata approvata una nuova normativa sismica nazionale che ha stabilito il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio nazionale, oltre che di redazione delle norme tecniche. Tale legge ha delegato il Ministro dei lavori pubblici:
- emanazione di norme tecniche per le costruzioni sia pubbliche che private, da effettuarsi con decreto ministeriale, di concerto con il Ministro per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, e con la collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);
- aggiornamento della classificazione sismica attraverso appositi decreti ministeriali.

Si ricorda che il carattere distintivo di tale legge è stata la possibilità di aggiornare le norme sismiche ogniqualvolta fosse giustificato dall’evolversi delle conoscenze dei fenomeni sismici, mentre, per la classificazione sismica si è operato, come per il passato, attraverso l’inserimento di nuovi comuni colpiti dai nuovi terremoti.

Successivamente, gli studi di carattere sismologico effettuati all’indomani del terremoto del Friuli Venezia Giulia del 1976 e di quello in Irpinia del 1980, svolti all’interno del Progetto finalizzato “Geodinamica” del CNR, hanno portato ad un notevole aumento delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale ed hanno consentito la formulazione di una proposta di classificazione sismica presentata dal CNR al Governo, che è stata tradotta in una serie di decreti del Ministero dei lavori pubblici approvati tra il 1980 ed il 1984, che hanno costituito, pertanto, laclassificazione sismica italiana fino all’emanazione dell’ ordinanza n. 3274 del 20 marzo 2003.

Si ricorda che la proposta del CNR, per la prima volta in Italia, è stata basata su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana e che la classificazione sismica ha preso in considerazione tre categorie sismiche, di cui la terza (la meno pericolosa, introdotta con il DM 3 giugno 1981, n. 515), ha compreso solo alcuni comuni della Campania, Puglia e Basilicata, interessati dal terremoto di Irpinia e Basilicata del 1980, ma che non è stata estesa alle altre zone d’Italia con pari livello di pericolosità.

Relativamente, invece, alle norme tecniche, già con il DM del 3 marzo 1975, sono state emanate le prime disposizioni successivamente integrate da una serie di successivi decreti, tra cui si ricordano il DM 12 febbraio 1982, a sua volta sostituito dal DM 16 gennaio 1996, come modificato dal DM 4 marzo 1996, che ha provveduto ad integrare il DM del 3 marzo 1975 con alcune indicazioni contenute in alcune circolari ministeriali.

Su tale impianto normativo si è inserito il nuovo processo di distribuzione delle competenze fra Stato, regioni ed enti locali, attuato con le cd “leggi Bassanini” del 15 marzo 1997, n. 59. Conseguentemente, la competenza per l’individuazione delle zone sismiche, la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone che, fino al 1998 era attribuita al Ministro dei lavori pubblici, è stata trasferita, con il decreto legislativo n. 112 del 1998 - art. 94, comma 2, lett. a) - alle Regioni, mentre spetta allo Stato quella di definire i relativi criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e le norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone - art. 93, comma 1, lett. g). Occorre sottolineare, inoltre, che il comma 4 del medesimo art. 93 prevede che tali funzioni siano esercitate sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali.

Si ricorda, ancora, che tale residua competenza statale è rimasta incardinata nel Ministero dei Lavori Pubblici fino all’approvazione del decreto legislativo n. 300 del 1999, che l’ha assegnata alla neo istituita Agenzia di protezione civile e, nuovamente, riattribuita al Dipartimento della protezione civile con il decreto legge n. 343 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001 (per un approfondimento si veda la scheda La Protezione civile – Recenti riforme) che ha soppresso l’Agenzia, peraltro mai entrata nella piena operatività.

Inoltre, in conseguenza del riordino normativo della materia edilizia, le disposizioni antisismiche previste dalla legge n. 64 del 1974 sono confluite, con alcune modifiche, nel DPR 6 giugno 2001, n. 380Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il cui Capo IV reca “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, con disposizioni specifiche relative alle norme per le costruzioni in zone sismiche, alla relativa vigilanza, nonché alle modalità di  repressione delle violazioni.

Il DPR n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, ha stabilito che tutte le costruzioni di rilievo per la pubblica incolumità, se realizzate in zone sismiche, devono essere conformi, oltre che alle disposizioni tecniche applicabili ad ogni tipo di costruzione edificata su tutto il territorio nazionale, anche a specifiche norme tecniche, la cui emanazione è affidata al Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’interno e sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il CNR, nonché la Conferenza unificata (art. 83). Negli articoli successivi sono state poi dettati i criteri generali cui dovranno uniformarsi le norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche.

 

LA NUOVA NORMATIVA SISMICA

Immediatamente dopo il terremoto del 31 ottobre 2002 che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione civile ha adottato l’ordinanza del 20 marzo 2003, n. 3274, al fine di fornire una risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica e delle norme antisismiche.

Nelle premesse all’ordinanza, si specifica che essa rappresenta una prima e transitoria disciplina della materia, in attesa dell’emanazione delle specifiche norme tecniche previste, dapprima, dall’art. 83 del DPR n. 380 del 2001, e, successivamente, anche dall’art. 5 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136.

Alla luce dell’ordinanza n. 3274 e, a differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, tutto il territorio nazionale è stato classificato come sismico e suddiviso in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; tali zone sono individuate da 4 classi di accelerazione massima del suolo con probabilità di accadimento del 10% in 50 anni. Le prime tre zone della nuova classificazione corrispondono, dal punto di vista degli adempimenti previsti dalla legge n. 64 del 1974, alle zone di sismicità alta, media e bassa, mentre per la zona 4, di nuova introduzione, viene data facoltà alle regioni di imporre l’obbligo della progettazione antisismica. In ogni zona è, infatti, prevista l’applicazione della progettazione sismica con livelli differenziati di severità, salvo, come anzidetto, nella zona 4. Il collegamento tra la classificazione e le norme tecniche risulta, pertanto, molto stretto.

Oltre ai criteri per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone, con l’ordinanza sono state, infatti, approvate le seguenti norme tecniche (contenute negli allegati 2, 3 e 4 dell’ordinanza, di cui fanno parte integrante) che riguardano, per la prima volta, la quasi totalità di tipologie di costruzioni: edifici, ponti ed opere di fondazione e di sostegno dei terreni.

L’art. 2, comma 2, dell’ordinanza n. 3274 prevede l’applicazione delle norme tecniche previgenti per le seguenti opere:
- opere i cui lavori siano già iniziati;
- opere pubbliche già appaltate o i cui progetti siano stati già approvati alla data della presente ordinanza;
- opere di completamento degli interventi di ricostruzione in corso.

Viene altresì previsto, in tutti i restanti casi, la possibilità di continuare ad applicare le norme tecniche previgenti per non oltre 18 mesi, termine più volte prorogato da una serie di successive ordinanze, di cui l’ultima – la n. 3467 del 2005 – ne ha differito l’applicabilità al 23 ottobre 2005, data di entrata in vigore della nuovo disciplina antisismica introdotta dal DM 14 settembre 2005.

Il successivo comma 3 ha previsto l’obbligo di verifica entro 5 anni – da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme tecniche contenute negli allegati all’ordinanza – sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Viene altresì previsto che tali verifiche riguardino in via prioritaria edifici ed opere ubicate nelle zone di sismicità alta e media.

Va sottolineata, inoltre, la forte sintonia della normativa contenuta nell’ordinanza con il sistema di normative già definito a livello europeo, Eurocodice 8 (EC8), in corso di adozione da parte dell’Unione europea. Si ricorda che la differenzia sostanziale tra le norme di nuova generazione, quali l’EC8, e quelle tradizionali (oramai non piùin vigore in nessun Paese, in particolare europeo) consiste nell’abbandono del carattere convenzionale e puramente prescrittivo a favore di una impostazione prestazionale, nella quale gli obiettivi della progettazione che la norma si prefigge vengono dichiarati, ed i metodi utilizzati allo scopo (procedure di analisi strutturale e di dimensionamento degli elementi) vengono singolarmente giustificati.

Con l’ordinanza n. 3274 lo Stato ha provveduto ha fissare i criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche, dando mandato alle regioni, in armonia con il dettato dell’art. 112 del decreto legislativo n. 112 del 1998, per l’individuazione delle zone sismiche.

Alle regioni, compete, quindi, la predisposizione dell’elenco dei comuni classificati rispettivamente in zona 1, 2, 3 e 4. Per procedere a tale identificazione le regioni potranno elaborare in proprio una mappa di pericolosità sismica regionale, oppure utilizzare quella fornita dallo Stato per tutto il territorio nazionale e allegata ai criteri per l’individuazione delle zone sismiche nella veste dell’elenco di tutti i comuni italiani con la loro classificazione sismica

 Si ricorda, poi, che in una recente nota del 29 marzo 2004 del Dipartimento della protezione civile, recante elementi informativi sull’ordinanza n. 3274 si legge che “L’ordinanza è nata dalla necessità di dare una risposta rapida ed integrata alle esigenze poste dal rischio sismico, una risposta che non poteva ulteriormente attendere visto il ripetersi di eventi sismici calamitosi che hanno interessato anche zone non classificate sismiche”, ma soprattutto che “l’ineludibile esigenza sopra descritta ha, quindi, condotto alla scelta di dettare una disciplina a carattere transitorio in materia di classificazione sismica e normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica con un’ordinanza di protezione civile ex articolo 5, comma 2 della legge n. 225/1992, nelle more dell’emanazione di un provvedimento che regoli a regime la materia; a tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto n. 113/AG/30/15 del 28 gennaio 2004, ha costituito un’apposita Commissione a cui è stato demandato il compito di redigere una bozza di Testo Unico della Normativa Tecnica, da emanarsi ai sensi della legge n. 64 del 1974 e del DPR n. 380 del 2001”.

Con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 123 del 22 gennaio 2004 è stato nominato anche un gruppo di lavoro per l’approfondimento di tutte le problematiche relative all'ordinanza n. 3274.

Successivamente il Parlamento, al fine di risolvere le questioni attinenti al riparto di competenze tra il Dipartimento della protezione civile e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di normativa antisismica, sorte a seguito dell’emanazione dell’ordinanza n. 3274, ha previsto, nell’art. 5 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, l’emanazione – da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Dipartimento della protezione civile, di norme tecniche, anche per la verifica sismica ed idraulica relative alle costruzioni, nonché la redazione di norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico ed idraulico, delle dighe di ritenuta, dei ponti e delle opere di fondazioni. Nel medesimo comma è stato precisato che la redazione di tali norme avvenga secondo un programma di priorità per gli edifici scolastici e sanitari.

Si ricorda, in merito a tali questioni, che l’ordinanza n. 3274 rappresenta una normativa a carattere transitorio adottata in base agli artt. 2, comma 1, e 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992, che conferisce al Dipartimento della protezione civile poteri straordinari per fronteggiare determinate situazioni di emergenza. Sull’esercizio dei poteri straordinari da parte del Dipartimento della protezione civile, si è pronunciata, dapprima, la Corte Costituzionale con la sentenza 9 novembre 1992, n. 127 nella quale si è affermato che “non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, introdurre prescrizioni per fronteggiare lo stato di emergenza che conferiscano a organi amministrativi  poteri di ordinanza non adeguatamente circoscritti nell’oggetto, tali da derogare a settori di normazione primaria richiamati in termini assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salvaguardia dell’autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l’intesa per la programmazione generale degli interventi”. Successivamente anche il Tar della Lombardia con sentenza del 27gennaio 1998, n. 96, ha confermato che “l’esercizio del potere di deroga alla legislazione vigente, riconosciuto al commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri per l’attuazione degli interventi di emergenza previsto dall’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, presuppone la circostanziata individuazione ex ante delle principali norme che, applicabili in via ordinaria, pregiudicherebbero l’attuazione degli interventi medesimi; pertanto, l’onere di motivazione, di cui il commissario deve farsi carico, è diretto ad evidenziare, con valutazione preventiva, il nesso di strumentalità necessaria tra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione di detti interventi”.

In sintesi, se la pienezza di poteri attribuiti al Dipartimento della protezione civile è giustificabile allorché si tratti di deliberare lo stato di emergenza, sono sorte perplessità in relazione all’emanazione di un’ordinanza, come la n. 3274, finalizzata a disciplinare, sia pure provvisoriamente, un settore caratterizzato da norme per le quali è previsto un procedimento di adozione ben individuato (DPR n. 380 del 2001, art. 83)

Sotto il profilo procedurale, il successivo comma 2 dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004 ha previsto che le norme tecniche vengano emanate con le procedure di cui dell'art. 52 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia di cui al DPR n. 380 del 2001, di concerto con il Dipartimento della protezione civile.

Si ricorda che l'art. 52 del richiamato T.U. stabilisce che le norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi delle strutture sia pubbliche che private siano fissate con decreti del Ministero per le infrastrutture e i trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici che si avvale anche della collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche. Qualora le norme tecniche riguardino costruzioni in zone sismiche esse devono essere adottate di concerto con il Ministro per l'interno.

Tali norme definiscono i criteri generali tecnico-costruttivi per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento, i carichi e sovraccarichi e loro combinazioni nonché i criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni, le indagini sulla natura dei terreni e delle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione, i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo di opere speciali, quali ponti, dighe, serbatoi, tubazioni, torri, costruzioni prefabbricate in genere, acquedotti, fognature e, infine, la protezione delle costruzioni dagli incendi.

Il medesimo art. 52 del T.U., al comma 3, dispone che le medesime norme tecniche e i relativi aggiornamenti entrino in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione dei rispettivi decreti nella Gazzetta Ufficiale.

 Pertanto, in attuazione dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004, è stato emanato il DM 14 settembre 2005 con il quale sono state approvate le Norme tecniche per le costruzioni, allo scopo di riunire in un unico testo la disciplina tecnica relativa alla progettazione ed all’esecuzione delle costruzioni e di realizzarne nel contempo l’omogeneizzazione e la razionalizzazione.

Il testo, composto da un’introduzione e dodici capitoli, rappresenta una messa a punto completa della complessa normativa in materia di costruzioni, relativa alla progettazione strutturale degli edifici ed alle principali opere di ingegneria civile, accanto alle caratteristiche dei materiali e dei prodotti utilizzati, e consiste, inoltre, in un ampio aggiornamento del quadro legislativo nazionale in campo strutturale, basato sulle leggi fondamentali n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974.

Il decreto è entrato in vigore il 23 ottobre 2005, vale a dire 30 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U., ai sensi dell’art. 52 del T.U. n. 380 del 2001 e come disposto dal comma 2 dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004.

Successivamente, con l’art. 14-undevicies del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115 (che ha aggiunto il comma 2-bis all’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004), è stato previsto un periodo transitorio di diciotto mesi - fino al 23 aprile 2007 - dall’entrata in vigore, al dichiarato scopo di consentire l’avvio di una fase sperimentale nell’applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni, durante il quale sarà possibile applicare, in alternativa alle stesse, la normativa precedente di cui alla legge n. 1086 del 1971 ed alla legge n. 64 del 1974 e fatto salvo, comunque, quanto previsto dall'applicazione del DPR 21 aprile 1993, n. 246, recante “Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai prodotti da costruzione”.

Si osserva che l’art. 14-undevicies del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115, nel prevedere il regime transitorio di diciotto mesi, ha richiamato espressamente solo le leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974, nonché il DPR n. 246 del 1993, ma non l’ordinanza n. 3274 del 2003.

Pertanto, in merito all’applicabilità dell’ordinanza n. 3274 durante tale regime transitorio, si ricorda che essa è stata tuttavia vigente, in quanto le proroghe hanno riguardato unicamente la sua obbligatorietà, ma non la vigenza, e fino alla sua entrata in vigore il progettista avrebbe quindi potuto scegliere di adeguarvisi o meno. Durante tale periodo transitorio, pertanto, l’applicazione della disciplina in essa contenuta ha costituito una mera facoltà che si affianca a quella di applicazione della normativa del DM 14 settembre 2005 ed alla normativa di cui alle leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del1974.

Tale possibilità è confermata dallo stesso DM 14 settembre 2005, nelle cui premesse prevedeva che le disposizioni contenute negli allegati 2 e 3 dell’ordinanza n. 3274 del 2003, potessero continuare a trovare vigenza “quali documenti applicativi di dettaglio delle norme tecniche” con lo stesso approvate. Inoltre, al capitolo 5.7.1.1, comma 2, si prevedeva espressamente che “committente ed il progettista di concerto, nel rispetto dei livelli di sicurezza stabiliti nella presente norma, possono fare riferimento a specifiche indicazioni contenute in codici internazionali, nella letteratura tecnica consolidata, negli allegati 2 e 3 alla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2003, n. 3274”. Infine, nel capitolo 12, la citata ordinanza rientrava tra le referenze tecniche essenziali, al pari dei codici internazionali e della letteratura tecnica consolidata.

 Da ultimo occorre accennare che l’entrata in vigore, il 23 ottobre 2005, del DM 14 settembre 2005, ha determinato la piena operatività della nuova classificazione sismica, comportando la necessità dell’applicazione dell’art. 104 del T.U. in materia edilizia, n. 380 del 2001, relativo alle “Costruzioni in corso in zone sismiche di nuova classificazione”. In base a tale articolo, coloro che in una zona sismica di nuova classificazione avevano iniziato una costruzione prima dell’entrata in vigore del provvedimento di classificazione, erano tenuti a farne denuncia, entro quindici giorni dall’entrata in vigore del provvedimento stesso, al competente ufficio tecnico della regione.

Dal 1 luglio 2009, con un anno di anticipo rispetto a quanto in previsione anche a causa del terremoto che ha colpito l'Abruzzo nell'Aprile 2009, entra in vigore il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14.01.2008, anche conosciuto come NTC2008 (Norme Tecniche delle Costruzioni del 2008); tali norme d'altronde erano completamente operative in quanto a Febbraio 2009 è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale la Circolare del Ministero delle Infrastrutture n.617 del 2 febbraio 2009 recante le istruzioni per l'applicazione delle nuove norme. Tali norme, tuttora in vigore, hanno colmato le lacune presenti nel Testo Unico del 2005 e si sono non sono allineate con gli Eurocodice, ma anzi si pongono come tra le più avanzate a livello mondiale. I dodici capitoli che le compongono, confermando la natura prestazionale delle norme già parzialmente anticipata nel T.U. del 2005, hanno comportato una sensibile variazione della filosofia delle verifiche ed hanno introdotto il concetto di pericolosità sismica locale: è stata abbandonata la concezione del territorio italiano diviso in zone sismiche ed è stata formulata una completa zonizzazione mediante adozione di un reticolo i cui vertici sono dotati di caratteristiche puntuali di pericolosità sismica.

fonti: testo tratto da www.camera.it, www.cslp.it/